◄ 135:4
Fascicolo 135
135:6 ►

Giovanni il Battista

5. Il regno di Dio

135:5.1

Per comprendere il messaggio di Giovanni bisogna tenere conto della condizione del popolo ebreo al momento in cui egli apparve sulla scena d’azione. Per quasi cento anni tutto Israele affrontava un dilemma; gli Ebrei erano imbarazzati a spiegare la loro continua sottomissione ai governatori Gentili. Mosè non aveva insegnato che la rettitudine era sempre ricompensata con la prosperità ed il potere? Non erano essi il popolo eletto di Dio? Perché il trono di Davide era abbandonato e vacante? Alla luce delle dottrine di Mosè e dei precetti dei profeti gli Ebrei trovavano difficile spiegare la lunga continuità della loro desolazione nazionale.

135:5.2

Circa cento anni prima dell’epoca di Gesù e di Giovanni sorse in Palestina una nuova scuola d’insegnanti religiosi, gli apocalittici. Questi nuovi insegnanti elaborarono un sistema di credenza che spiegava le sofferenze e l’umiliazione degli Ebrei con il motivo che stavano pagando le conseguenze dei peccati della nazione. Essi ritornavano sulle ben note ragioni destinate a spiegare le loro cattività precedenti a Babilonia e altrove. Ma, così insegnavano gli apocalittici, Israele avrebbe ripreso coraggio; i tempi della sua afflizione erano quasi passati; la punizione del popolo eletto di Dio stava per finire; la pazienza di Dio verso gli stranieri Gentili era quasi esaurita. La fine della sovranità romana era sinonimo della fine dell’era e, in un certo senso, della fine del mondo. Questi nuovi insegnanti si appoggiavano fortemente sulle predizioni di Daniele ed insegnavano con persistenza che la creazione stava per arrivare al suo stadio finale; i regni di questo mondo stavano per divenire il regno di Dio. Per le menti ebree di quel tempo questo era il senso della frase—il regno dei cieli—che ricorreva negli insegnamenti di Giovanni e di Gesù. Per gli Ebrei della Palestina la frase “regno dei cieli” aveva solo un significato: uno Stato assolutamente retto nel quale Dio (il Messia) avrebbe governato le nazioni della terra con la stessa perfezione di potere con cui governava in cielo—“Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo.”

135:5.3

Al tempo di Giovanni tutti gli Ebrei si chiedevano con ansietà: “Quando verrà il regno?” Essi avevano la sensazione generale che la fine del governo delle nazioni gentili fosse prossima. Era presente in tutti gli Ebrei una viva speranza ed un’ardente aspettativa che la realizzazione del desiderio delle ere si sarebbe verificata durante la vita di quella generazione.

135:5.4

Anche se gli Ebrei differivano grandemente nelle loro valutazioni sulla natura del regno futuro, credevano tutti in modo simile che l’avvenimento fosse imminente, vicinissimo, addirittura in corso. Molti di coloro che leggevano l’Antico Testamento erano letteralmente in attesa di un nuovo re in Palestina per una nazione ebrea rigenerata, liberata dai suoi nemici e presieduta dal successore del Re Davide, il Messia, che sarebbe stato immediatamente riconosciuto come il giusto e legittimo sovrano del mondo intero. Un altro gruppo di devoti Ebrei, meno numeroso, aveva una visione assai differente di questo regno di Dio. Essi insegnavano che il regno futuro non era di questo mondo, che il mondo si stava avvicinando ad una fine certa e che “un nuovo cielo ed una nuova terra” avrebbero annunciato l’instaurazione del regno di Dio; che questo regno sarebbe stato un dominio eterno, che il peccato sarebbe finito e che i cittadini del nuovo regno sarebbero divenuti immortali nel godimento di questa felicità eterna.

135:5.5

Tutti erano d’accordo che un’epurazione radicale o un castigo purificante avrebbero necessariamente preceduto l’instaurazione del nuovo regno sulla terra. Coloro che si attenevano alla lettera insegnavano che sarebbe scoppiata una guerra mondiale che avrebbe distrutto tutti i non credenti, mentre i fedeli avrebbero riportato una vittoria universale ed eterna. Gli spiritisti insegnavano che il regno sarebbe stato inaugurato dal grande giudizio di Dio che avrebbe relegato i malvagi al loro verdetto ben meritato di condanna e di distruzione finale, elevando allo stesso tempo i santi credenti del popolo eletto ad alti posti d’onore e d’autorità presso il Figlio dell’Uomo, il quale avrebbe regnato sulle nazioni redente nel nome di Dio. Quest’ultimo gruppo credeva anche che molti devoti Gentili avrebbero potuto essere ammessi alla comunità del nuovo regno.

135:5.6

Certi Ebrei erano dell’opinione che Dio avrebbe potuto instaurare questo nuovo regno per intervento diretto e divino, ma la grande maggioranza credeva che egli avrebbe interposto un intermediario rappresentativo, il Messia. Questo era il solo significato possibile che il termine Messia poteva avere nella mente degli Ebrei della generazione di Giovanni e di Gesù. Messia non poteva assolutamente essere un termine attribuito ad uno che si fosse limitato ad insegnare la volontà di Dio o a proclamare la necessità di una vita retta. A tutte queste persone sante gli Ebrei davano il titolo di profeta. Il Messia doveva essere più che un profeta; il Messia doveva portare all’instaurazione del nuovo regno, il regno di Dio. Nessuno che avesse fallito in questa impresa avrebbe potuto essere il Messia nel senso tradizionale ebraico.

135:5.7

Chi sarebbe stato questo Messia? Di nuovo gli insegnanti ebrei avevano opinioni diverse. Gli anziani aderivano alla dottrina del figlio di Davide. I nuovi insegnavano che, poiché il nuovo regno era un regno celeste, il nuovo sovrano avrebbe potuto anche essere una personalità divina che era rimasta seduta a lungo in cielo alla destra di Dio. E per quanto strano potesse sembrare, coloro che concepivano in tal modo il sovrano del nuovo regno non lo consideravano un Messia umano, un semplice uomo, ma “il Figlio dell’Uomo”—un Figlio di Dio—un Principe celeste tenuto a lungo in attesa per assumere così la sovranità sulla terra resa nuova. Questo era lo scenario religioso del mondo ebraico quando Giovanni entrò in scena proclamando: “Pentitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”

135:5.8

Diventa chiaro, quindi, che l’annuncio di Giovanni del regno futuro non aveva meno di una mezza dozzina di significati differenti nella mente di coloro che ascoltavano la sua appassionata predicazione. Ma indipendentemente dal significato che essi attribuivano alle espressioni impiegate da Giovanni, ognuno di questi vari gruppi in attesa del regno degli Ebrei era incuriosito dalle proclamazioni di questo predicatore di rettitudine e di pentimento, sincero, entusiasta e sbrigativo, che esortava così solennemente i suoi ascoltatori a “fuggire dalla collera futura”.


◄ 135:4
 
135:6 ►