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Fascicolo 133
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Il ritorno da Roma

2. L’imbarco a Taranto

133:2.1

Mentre si attardavano al punto di attracco, aspettando che il battello scaricasse il proprio carico, i tre viaggiatori notarono un uomo che maltrattava sua moglie. Com’era sua abitudine, Gesù intervenne in aiuto della persona soggetta all’attacco. Egli avanzò dietro al marito adirato, e battendogli gentilmente sulla spalla gli disse: “Amico mio, posso parlare con te in privato per un momento?” L’uomo in collera rimase sconcertato da un simile approccio e, dopo un momento d’imbarazzante esitazione, balbettò—“eh—perché—sì, che cosa vuoi da me?” Dopo che Gesù l’ebbe condotto in disparte, disse: “Amico mio, percepisco che deve esserti accaduto qualcosa di terribile; io desidero vivamente che tu mi racconti che cosa è potuto accadere ad un uomo forte come te per portarlo ad aggredire sua moglie, la madre dei suoi figli, e proprio qui davanti agli occhi di tutti. Sono certo che devi supporre di avere qualche buona ragione per questo attacco. Che cosa ha fatto tua moglie per meritare un simile trattamento da parte di suo marito? Guardandoti credo di discernere sul tuo viso l’amore per la giustizia se non il desiderio di mostrare misericordia. Mi azzardo a dire che, se tu mi avessi trovato ai bordi della strada, attaccato dai predoni, ti saresti precipitato senza esitazione in mio soccorso. Oso affermare che tu hai compiuto molti di questi atti di coraggio nel corso della tua vita. Ora, amico mio, dimmi di che cosa si tratta? Tua moglie ha fatto qualcosa di male, oppure hai scioccamente perso la testa e l’hai insensatamente aggredita?” Non fu tanto ciò che disse Gesù che toccò il cuore di quest’uomo, quanto lo sguardo benevolo ed il sorriso cordiale con cui si rivolse a lui a conclusione delle sue osservazioni. L’uomo disse: “Percepisco che sei un sacerdote dei Cinici e ti sono riconoscente per avermi frenato. Mia moglie non ha fatto granché di male; è una buona moglie, ma mi irrita il modo in cui mi critica in pubblico, ed io perdo le staffe. Sono dispiaciuto per la mia mancanza di autocontrollo e prometto di cercare di tener fede all’impegno preso con uno dei tuoi fratelli che mi aveva insegnato la via migliore molti anni fa. Te lo prometto.”

133:2.2

Ed allora, dicendogli addio, Gesù disse: “Fratello mio, ricorda sempre che l’uomo non ha alcuna autorità legittima sulla donna, a meno che la donna non gli abbia spontaneamente e volontariamente dato tale autorità. Tua moglie si è impegnata a vivere con te, ad aiutarti a combattere le battaglie della vita e ad assumere la parte maggiore del fardello consistente nel mettere al mondo e nell’allevare i tuoi figli; ed a compenso di questo servizio speciale è semplicemente equo che essa riceva da te quella protezione speciale che l’uomo può dare alla moglie quale compagna che deve portare, mettere al mondo e nutrire i figli. Le cure affettuose e la considerazione che un uomo è disposto a concedere a sua moglie ed ai suoi figli indicano la misura in cui quell’uomo ha raggiunto i livelli superiori dell’autocoscienza creativa e spirituale. Non sai che gli uomini e le donne sono i partner di Dio per il fatto che cooperano alla creazione degli esseri che crescono fino a possedere il potenziale di anime immortali? Il Padre che è nei cieli tratta lo Spirito Madre dei figli dell’universo come un uguale a se stesso. È essere simile a Dio condividere la tua vita, e tutto ciò che vi si riferisce, in termini uguali con la madre e compagna che condivide così pienamente con te questa esperienza divina di riprodurre voi stessi nella vita dei vostri figli. Se solo puoi amare i tuoi figli come Dio ama te, amerai ed avrai cara tua moglie come il Padre nei cieli onora ed esalta lo Spirito Infinito, la madre di tutti i figli spirituali di un vasto universo.”

133:2.3

Appena saliti a bordo del battello, essi si volsero a guardare la scena della coppia che, con le lacrime agli occhi, si teneva silenziosamente abbracciata. Avendo udito l’ultima parte del messaggio di Gesù all’uomo, Gonod passò tutta la giornata a meditare sull’argomento e risolse di riorganizzare la sua famiglia al suo ritorno in India.

133:2.4

Il viaggio verso Nicopoli fu piacevole ma lento perché il vento non era favorevole. I tre trascorsero molte ore a raccontare le loro esperienze a Roma e a ricordare tutto ciò che era loro accaduto dopo il primo incontro a Gerusalemme. Ganid era permeato dello spirito di ministero personale. Egli cominciò ad esercitarlo sul cambusiere, ma al secondo giorno, quando entrò nelle acque profonde della religione, chiese a Joshua di aiutarlo a trarsi d’impaccio.

133:2.5

Essi trascorsero parecchi giorni a Nicopoli, la città fondata da Augusto una cinquantina di anni prima come “città della vittoria” per commemorare la battaglia di Azio, essendo questo il luogo dove egli si era accampato con il suo esercito prima della battaglia. Essi alloggiarono nella casa di un certo Geremia, un proselito greco della fede ebraica che avevano incontrato a bordo. L’apostolo Paolo passò tutto l’inverno con il figlio di Geremia in questa stessa casa nel corso del suo terzo viaggio missionario. Da Nicopoli essi fecero vela sullo stesso battello per Corinto, capitale della provincia romana di Acaia.


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