La competizione è indispensabile al progresso sociale, ma la competizione, se non è regolata, genera violenza. Nella società attuale la competizione sta lentamente rimpiazzando la guerra in quanto determina il posto dell’individuo nell’industria, così come decide la sopravvivenza delle industrie stesse. (L’omicidio e la guerra hanno posizioni diverse di fronte ai costumi; giacché l’omicidio è stato proscritto fin dai primi tempi della società, mentre la guerra non è ancora mai stata bandita dall’umanità nel suo insieme.)
Lo Stato ideale s’impegna a regolare la condotta sociale solo quanto basta per eliminare la violenza nella competizione individuale e per impedire l’ingiustizia nell’iniziativa personale. Ecco un grande problema per uno Stato: come si può garantire la pace e la tranquillità nell’industria, far pagare le imposte per sostenere il potere dello Stato e allo stesso tempo impedire alla fiscalità di ostacolare l’industria e allo Stato di diventare parassita o tiranno?
Durante le ere primitive di ciascun mondo la competizione è indispensabile al progresso della civiltà. Via via che l’evoluzione dell’uomo progredisce, la cooperazione diviene sempre più efficace. Nelle civiltà avanzate la cooperazione è più efficace della competizione. L’uomo primitivo è stimolato dalla competizione. L’evoluzione primitiva è caratterizzata dalla sopravvivenza degli esseri biologicamente idonei, ma le civiltà successive sono meglio favorite dalla cooperazione intelligente, dall’associazione comprensiva e dalla fratellanza spirituale.
È vero, la concorrenza nell’industria comporta sprechi eccessivi ed è altamente inefficace, ma nessun tentativo di eliminare questa attività di perdita economica dovrebbe essere incoraggiato se tali aggiustamenti comportano anche la più piccola abrogazione di qualcuna delle libertà individuali fondamentali.