Avendo stabilito la sua linea di condotta concernente tutte le personalità di tutte le classi delle sue intelligenze create, per quanto questa poteva essere determinata in considerazione del potenziale inerente al suo nuovo status di divinità, Gesù rivolse ora le sue attenzioni su se stesso. Che cosa avrebbe fatto egli, ora creatore pienamente autocosciente di tutte le cose e di tutti gli esseri esistenti in questo universo, di queste prerogative di creatore nelle situazioni ricorrenti della vita che avrebbe incontrato immediatamente quando fosse ritornato in Galilea per riprendere la sua opera tra gli uomini? In effetti, e precisamente mentre si trovava su questi monti da solo, questo problema si era già presentato in tutta la sua evidenza con la necessità di procurarsi del cibo. Al terzo giorno delle sue meditazioni solitarie il suo corpo umano ebbe fame. Doveva egli andare in cerca di cibo come avrebbe fatto un uomo qualunque, o doveva semplicemente esercitare i suoi poteri creativi normali e produrre un cibo corporale adeguato e bell’e pronto? Questa grande decisione del Maestro vi è stata descritta come una tentazione—come una sfida lanciata da supposti nemici affinché “comandi che queste pietre si tramutino in pani”.
Gesù stabilì così una nuova e coerente linea di condotta per il resto della sua opera terrena. Per quanto concerneva le sue necessità personali ed in generale anche le sue relazioni con altre personalità, egli ora scelse deliberatamente di proseguire la via di una normale esistenza terrena; decise definitivamente in senso contrario ad una linea di condotta che trascendesse, violasse od oltraggiasse le leggi naturali da lui stesso stabilite. Ma non poteva ripromettersi, come era già stato avvertito dal suo Aggiustatore Personalizzato, che queste leggi naturali non potessero, in certe circostanze concepibili, essere grandemente accelerate. In generale, Gesù decise che l’opera della sua vita sarebbe stata organizzata e proseguita conformemente alle leggi della natura ed in armonia con l’organizzazione sociale esistente. Il Maestro scelse così un programma di vita che fosse l’equivalente di una decisione contro i miracoli ed i prodigi. Di nuovo egli decise a favore della “volontà del Padre”; di nuovo lasciò ogni cosa nelle mani di suo Padre del Paradiso.
La natura umana di Gesù imponeva che il primo dovere fosse quello di preservare se stesso; che è il comportamento normale dell’uomo naturale sui mondi del tempo e dello spazio, ed è quindi una reazione legittima di un mortale di Urantia. Ma Gesù non si occupava soltanto di questo mondo e delle sue creature; egli stava vivendo una vita destinata ad istruire e ad ispirare le molteplici creature di un immenso universo.
Prima della sua illuminazione battesimale egli aveva vissuto in perfetta sottomissione alla volontà e al governo di suo Padre celeste. Egli decise energicamente di continuare proprio in questa implicita dipendenza umana dalla volontà del Padre. Decise di seguire una condotta innaturale—decise di non cercare l’autopreservazione. Egli scelse di proseguire la politica consistente nel rifiutare di difendere se stesso. Formulò le sue conclusioni con le parole delle Scritture familiari alla sua mente umana: “L’uomo non vivrà di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.” Giungendo a questa conclusione circa l’appetito della sua natura fisica espresso nel desiderio di cibo, il Figlio dell’Uomo fece la sua ultima dichiarazione concernente tutti gli altri bisogni della carne e gli impulsi naturali della natura umana.
Egli avrebbe potuto forse usare il suo potere superumano a favore di altri, ma mai per se stesso. E proseguì questa politica con persistenza sino alla fine stessa, quando con scherno fu detto di lui: “Ha salvato gli altri, ma non può salvare se stesso”—perché egli non voleva.
Gli Ebrei erano in attesa di un Messia che avesse compiuto dei prodigi ancora più grandi di Mosè, che si riteneva avesse fatto scaturire l’acqua dalla roccia in un luogo arido ed avesse nutrito i loro antenati nel deserto con la manna. Gesù conosceva il genere di Messia atteso dai suoi compatrioti, ed egli disponeva di tutti i poteri e le prerogative per essere all’altezza delle loro più ardenti aspettative, ma decise in senso contrario a questo magnifico programma di potere e di gloria. Gesù considerava questo fatto di attendersi dei miracoli come un ritorno ai tempi antichi della magia ignorante e delle pratiche degradate degli stregoni selvaggi. Forse, per la salvezza delle sue creature, egli avrebbe potuto accelerare la legge naturale, ma trascendere le sue stesse leggi a beneficio di se stesso o per incutere timore ai suoi simili, questo non l’avrebbe fatto. E la decisione del Maestro fu definitiva.
Gesù era dispiaciuto per il suo popolo; egli comprendeva pienamente come essi fossero stati portati a sperare nella venuta del Messia, il tempo in cui “la terra produrrà i suoi frutti dieci volte mille ed in cui su ogni vigna vi saranno mille tralci, ed ogni tralcio produrrà mille grappoli ed ogni grappolo produrrà mille acini, ed ogni acino produrrà un gallone di vino”. Gli Ebrei credevano che il Messia avrebbe inaugurato un’era di abbondanza miracolosa. Gli Ebrei erano stati a lungo nutriti con tradizioni di miracoli e con leggende di prodigi.
Egli non era un Messia che veniva a moltiplicare il pane ed il vino. Non veniva a provvedere soltanto ai bisogni temporali; veniva a rivelare suo Padre celeste ai suoi figli terreni, mentre cercava di portare i suoi figli terreni ad unirsi a lui in uno sforzo sincero per vivere secondo la volontà del Padre che è nei cieli.
In questa decisione Gesù di Nazaret illustrò agli osservatori di un universo la follia ed il peccato di prostituire talenti divini e capacità donate da Dio ad ambizioni personali o al profitto e alla glorificazione puramente egoistici. Questo fu il peccato di Lucifero e di Caligastia.
Questa grande decisione di Gesù dimostra drammaticamente la verità che i piaceri dei sensi e la soddisfazione egoista, da soli e da se stessi, non sono capaci di portare la felicità agli esseri umani in evoluzione. Vi sono dei valori superiori nell’esistenza mortale—la padronanza intellettuale e la realizzazione spirituale—che trascendono di molto la necessaria soddisfazione degli appetiti e dei bisogni puramente fisici dell’uomo. I doni naturali del talento e della capacità dell’uomo dovrebbero essere principalmente consacrati a sviluppare e a nobilitare i suoi poteri superiori della mente e dello spirito.
Gesù rivelò così alle creature del suo universo la tecnica della nuova e migliore via, i superiori valori morali della vita e le più profonde soddisfazioni spirituali dell’esistenza umana evoluzionaria sui mondi dello spazio.