Osservando le lotte incessanti delle creature del creato per raggiungere la perfezione di status e la divinità del loro essere, non possiamo evitare di credere che questi sforzi senza fine rivelino la lotta incessante del Supremo per raggiungere l’autorealizzazione divina. Dio il Supremo è la Deità finita e deve affrontare i problemi del finito nel senso totale di questo termine. Le nostre lotte con le vicissitudini del tempo, nelle evoluzioni dello spazio, riflettono i suoi sforzi per raggiungere la propria realtà ed il completamento della sovranità entro la sfera d’azione che la sua natura in evoluzione sta ampliando fino ai limiti estremi del possibile.
In tutto il grande universo il Supremo lotta per esprimersi. La misura della sua evoluzione divina è fondata sulla saggia attività di ogni personalità esistente. Quando un essere umano sceglie la sopravvivenza eterna, crea congiuntamente il suo destino; e nella vita di questo ascendente mortale il Dio finito trova una quantità accresciuta di autorealizzazione come personalità ed un ampliamento della sovranità esperienziale. Ma se una creatura rifiuta la carriera eterna, la parte del Supremo che dipendeva dalla scelta di questa creatura subisce un ritardo inevitabile, una carenza che deve essere compensata da un’esperienza sostitutiva o collaterale. Quanto alla personalità del non sopravvivente, essa è assorbita nella superanima della creazione, divenendo parte della Deità del Supremo.
Dio è così fiducioso, così amorevole, che mette una porzione della sua natura divina nelle mani degli esseri umani stessi perché la custodiscano e si autorealizzino. La natura del Padre, la presenza dell’Aggiustatore, è indistruttibile, qualunque sia la scelta dell’essere mortale. Il figlio del Supremo, l’io in evoluzione, può essere distrutto, nonostante che la personalità potenzialmente unificante di questo io sviato persista come fattore della Deità di Supremazia.
La personalità umana può veramente distruggere l’individualità dello stato di creatura, e sebbene tutto ciò che è valido nella vita di questo suicida cosmico persista, queste qualità non persisteranno come singola creatura. Il Supremo troverà nuove espressioni nelle creature degli universi, ma mai più sotto forma di quella particolare persona; la personalità unica di un non ascendente ritorna al Supremo come una goccia d’acqua ritorna al mare.
Ogni azione isolata delle parti personali del finito è comparativamente irrilevante per l’apparizione finale del Tutto Supremo, ma il tutto dipende nondimeno dalla totalità degli atti delle sue molteplici parti. La personalità del singolo mortale è insignificante di fronte al totale della Supremazia, ma la personalità di ciascun essere umano rappresenta un valore significativo insostituibile nel finito. La personalità, una volta che è stata espressa, non trova mai più un’espressione identica, eccetto che nella continuità dell’esistenza di questa stessa personalità vivente.
E così, mentre noi ci sforziamo di esprimere il nostro io, il Supremo si sforza in noi e con noi di esprimere la deità. Come noi troviamo il Padre, così il Supremo ha ritrovato il Creatore Paradisiaco di tutte le cose. Come noi dominiamo i problemi dell’autorealizzazione, così il Dio d’esperienza raggiunge la supremazia onnipotente negli universi del tempo e dello spazio.
L’umanità non ascende senza sforzo nell’universo, né il Supremo si evolve senza un’azione finalizzata ed intelligente. Le creature non raggiungono la perfezione con mera passività, né lo spirito della Supremazia può rendere fattuale il potere dell’Onnipotente senza un ministero incessante di servizio presso la creazione finita.
La relazione temporale dell’uomo con il Supremo è il fondamento della moralità cosmica, la sensibilità universale al dovere e la sua accettazione. Questa è una moralità che trascende il senso temporale del bene e del male relativi; è una moralità basata direttamente sull’apprezzamento autocosciente della creatura di un obbligo esperienziale verso la Deità esperienziale. L’uomo mortale e tutte le altre creature finite sono creati dal potenziale vivente d’energia, di mente e di spirito esistente nel Supremo. È dal Supremo che l’ascendente mortale con un Aggiustatore attinge per creare il carattere immortale e divino di un finalitario. È con la realtà stessa del Supremo che l’Aggiustatore, con il consenso della volontà umana, intesse i modelli della natura eterna di un figlio ascendente di Dio.
L’evoluzione del progresso di un Aggiustatore nel rendere spirituale ed eterna una personalità umana, produce direttamente un’estensione della sovranità del Supremo. Questi compimenti nell’evoluzione umana sono allo stesso tempo dei compimenti nell’attuazione evoluzionaria del Supremo. Mentre è vero che le creature non potrebbero evolversi senza il Supremo, è probabilmente anche vero che l’evoluzione del Supremo non potrà mai essere pienamente raggiunta indipendentemente dal completamento dell’evoluzione di tutte le creature. La grande responsabilità cosmica delle personalità autocoscienti risiede nel fatto che la Deità Suprema dipende in un certo senso dalla scelta della volontà dei mortali. E la progressione reciproca dell’evoluzione della creatura e dell’evoluzione del Supremo è fedelmente e completamente indicata agli Antichi dei Giorni per mezzo dei meccanismi inscrutabili della riflettività universale.
La grande sfida che è stata lanciata all’uomo mortale è questa: deciderete di personalizzare i significati di valore sperimentabile del cosmo nella vostra individualità in evoluzione? O rifiutando la sopravvivenza permetterete a questi segreti della Supremazia di restare addormentati, aspettando l’azione di un’altra creatura in qualche altro momento, che tenti alla sua maniera di portare un contributo di creatura all’evoluzione del Dio finito? In tal caso questo sarà il suo contributo al Supremo, non il vostro.
La grande lotta della presente era dell’universo si svolge tra il potenziale e l’attuale—la ricerca dell’attuazione da parte di tutto ciò che è ancora inespresso. Se un uomo mortale prosegue nell’avventura del Paradiso, segue i movimenti del tempo che scorrono come delle correnti nel fiume dell’eternità. Se l’uomo mortale rifiuta la carriera eterna, va contro la corrente degli avvenimenti degli universi finiti. La creazione meccanica si muove inesorabilmente in conformità allo svolgimento del disegno del Padre del Paradiso, ma la creazione volitiva ha la scelta di accettare o di respingere il ruolo di partecipazione della personalità nell’avventura dell’eternità. Un uomo mortale non può distruggere i valori supremi dell’esistenza umana, ma può nettamente impedire l’evoluzione di questi valori nella sua esperienza personale. Nella misura in cui l’io umano rifiuta così di prendere parte all’ascensione al Paradiso, in quella stessa misura il Supremo è ritardato nel raggiungimento dell’espressione della sua divinità nel grande universo.
In custodia all’uomo mortale è stata data non soltanto la presenza dell’Aggiustatore del Padre del Paradiso, ma anche il controllo sul destino di una frazione infinitesimale del futuro del Supremo. Perché, come l’uomo raggiunge il suo destino umano, così il Supremo completa il suo destino sui livelli di deità.
E così la decisione spetta a ciascuno di voi, come una volta è spettata a ciascuno di noi. Respingerete il Dio del tempo, che tanto dipende dalle decisioni della mente finita? Respingerete la personalità Suprema degli universi per l’incuria del regresso animale? Respingerete il grande fratello di tutte le creature, che tanto dipende da ciascuna creatura? Potete permettervi di passare nel regno dei non realizzati, quando si staglia davanti a voi la vista incantevole della carriera universale—la scoperta divina del Padre del Paradiso e la partecipazione divina alla ricerca e all’evoluzione del Dio della Supremazia?
I doni di Dio—la sua donazione della realtà—non sono parti che si separano da lui; egli non aliena la creazione da sé, ma ha stabilito delle tensioni nelle creazioni che circolano attorno al Paradiso. Dio prima ama l’uomo e gli conferisce il potenziale dell’immortalità—la realtà eterna. E nella misura in cui l’uomo ama Dio, l’uomo diviene eterno in attualità. Ed ecco un mistero: più strettamente un uomo si avvicina a Dio mediante l’amore, più grande è la realtà—l’attualità—di quell’uomo. Più un uomo si allontana da Dio, più si avvicina alla non realtà—alla cessazione dell’esistenza. Quando un uomo consacra la sua volontà a fare la volontà del Padre, quando un uomo dona a Dio tutto ciò che ha, allora Dio fa di quell’uomo più di quello che è.