Nel concetto della Trinità delle Trinità noi postuliamo la possibile unificazione esperienziale della realtà illimitata, e formuliamo talvolta la teoria che tutto questo potrebbe prodursi nell’estrema lontananza della remota eternità. Ma c’è tuttavia un’unificazione reale ed attuale dell’infinità in questa stessa era come in tutte le ere passate e future dell’universo; tale unificazione è esistenziale nella Trinità del Paradiso. L’unificazione dell’infinità come realtà esperienziale è inimmaginabilmente remota, ma un’unità non qualificata dell’infinità domina il momento presente dell’esistenza dell’universo ed unisce le divergenze di tutta la realtà con una maestà esistenziale che è assoluta.
Quando le creature finite tentano di concepire un’unificazione dell’infinito sui livelli di finalità dell’eternità completata, si trovano di fronte a limitazioni intellettuali inerenti alle loro esistenze finite. Il tempo, lo spazio e l’esperienza costituiscono delle barriere per il concetto delle creature; e tuttavia, senza il tempo, al di fuori dello spazio ed in mancanza d’esperienza, nessuna creatura potrebbe giungere ad una comprensione anche limitata della realtà dell’universo. Senza sensibilità al tempo nessuna creatura evoluzionaria potrebbe percepire le relazioni di sequenza. Senza percezione dello spazio nessuna creatura potrebbe capire bene le relazioni di simultaneità. Senza esperienza nessuna creatura evoluzionaria potrebbe mai esistere; solo i Sette Assoluti dell’Infinità trascendono realmente l’esperienza, ed anche questi possono essere esperienziali in certe fasi.
Il tempo, lo spazio e l’esperienza sono i più grandi aiuti dell’uomo per la percezione della realtà relativa ed anche i suoi più formidabili ostacoli per la percezione della realtà completa. I mortali e molte altre creature dell’universo trovano necessario pensare che i potenziali siano attuati nello spazio e che si evolvano fino alla loro maturità nel tempo, ma tutto questo processo è un fenomeno del tempo-spazio che non esiste effettivamente nel Paradiso e nell’eternità. Sul livello assoluto non c’è né tempo né spazio; tutti i potenziali possono esservi percepiti come degli attuali.
Il concetto dell’unificazione di tutta la realtà, sia in questa che in qualunque altra era dell’universo, è fondamentalmente duplice: esistenziale ed esperienziale. Questa unità è in corso di realizzazione esperienziale nella Trinità delle Trinità, ma il grado di attuazione apparente di questa triplice Trinità è direttamente proporzionale alla scomparsa delle qualificazioni e delle imperfezioni della realtà nel cosmo. Ma l’integrazione totale della realtà è presente senza riserve, eternamente ed esistenzialmente nella Trinità del Paradiso, all’interno della quale, in questo stesso momento dell’universo, la realtà infinita è assolutamente unificata.
Il paradosso creato dai punti di vista esperienziale ed esistenziale è inevitabile ed è fondato in parte sul fatto che la Trinità del Paradiso e la Trinità delle Trinità sono ciascuna una relazione di eternità che i mortali possono solo percepire come una relatività del tempo-spazio. Il concetto umano dell’attuazione esperienziale graduale della Trinità delle Trinità—il punto di vista del tempo—deve essere integrato dal postulato addizionale che questa è già un dato di fatto—il punto di vista dell’eternità. Ma come possono essere conciliati questi due punti di vista? Noi suggeriamo ai mortali finiti di accettare la verità che la Trinità del Paradiso è l’unificazione esistenziale dell’infinità e che l’incapacità di scoprire la presenza reale e la manifestazione completa della Trinità delle Trinità esperienziale è in parte dovuta alla deformazione reciproca prodotta da:
1. Il punto di vista umano limitato, l’incapacità di afferrare il concetto dell’eternità non qualificata.
2. Lo status umano imperfetto, la lontananza dal livello assoluto degli esperienziali.
3. Il proposito dell’esistenza umana, il fatto che l’umanità è destinata ad evolversi per mezzo della tecnica dell’esperienza, e perciò deve essere basata per inerenza e costituzione sull’esperienza. Solo un Assoluto può essere sia esistenziale che esperienziale.
Il Padre Universale nella Trinità del Paradiso è l’IO SONO della Trinità delle Trinità, e sono i limiti finiti che impediscono l’esperienza del Padre come infinito. Il concetto dell’IO SONO esistenziale, solitario, pretrinitario e non raggiungibile, ed il postulato dell’IO SONO esperienziale, posteriore alla Trinità delle Trinità e raggiungibile, sono una sola e stessa ipotesi. Nessun cambiamento effettivo ha avuto luogo nell’Infinito; tutti gli sviluppi apparenti sono dovuti alle accresciute capacità di ricevere la realtà e di apprezzare il cosmo.
L’IO SONO, in ultima analisi, deve esistere prima di tutti gli esistenziali e dopo di tutti gli esperienziali. Anche se queste idee possono non chiarire i paradossi dell’eternità e dell’infinità nella mente umana, dovrebbero almeno stimolare tali intelletti finiti ad affrontare di nuovo questi problemi senza fine, problemi che continueranno ad intrigarvi su Salvington e successivamente come finalitari, e lungo tutto l’interminabile futuro delle vostre carriere eterne negli universi in continua espansione.
Presto o tardi tutte le personalità dell’universo cominciano a rendersi conto che la ricerca finale dell’eternità è l’esplorazione senza fine dell’infinità, l’interminabile viaggio di scoperta nell’assolutezza della Prima Sorgente e Centro. Presto o tardi ci rendiamo tutti conto che la crescita delle creature è proporzionale alla loro identificazione con il Padre. Noi giungiamo a comprendere che vivere la volontà di Dio è il passaporto eterno verso le possibilità senza fine dell’infinità stessa. I mortali comprenderanno un giorno che la riuscita nella ricerca dell’Infinito è direttamente proporzionale al raggiungimento della somiglianza con il Padre, e che in quest’era dell’universo le realtà del Padre sono rivelate all’interno delle qualità di divinità. E queste qualità di divinità sono acquisite personalmente dalle creature dell’universo nell’esperienza di vivere divinamente, e vivere divinamente significa vivere effettivamente la volontà di Dio.
Per le creature materiali, evoluzionarie e finite una vita basata sul vivere la volontà del Padre porta direttamente al raggiungimento della supremazia spirituale nell’arena della personalità e conduce tali creature un po’ più vicine alla comprensione del Padre-Infinito. Una vita così incentrata sul Padre è fondata sulla verità, sensibile alla bellezza e dominata dalla bontà. Questa persona che conosce Dio è interiormente illuminata dall’adorazione ed esteriormente consacrata al servizio sincero della fratellanza universale di tutte le personalità, un ministero di servizio pieno di misericordia e motivato dall’amore, mentre tutte queste qualità di vita sono unificate nella personalità in evoluzione sui livelli in continua ascesa di saggezza cosmica, di autorealizzazione, di scoperta di Dio e di adorazione del Padre.
[Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
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