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L’ordinazione dei dodici

10. La sera dopo la consacrazione

140:10.1

Quella sera, mentre insegnava in casa perché era iniziato a piovere, Gesù parlò molto a lungo, cercando d’indicare ai dodici quello che dovevano essere, non quello che dovevano fare. Essi conoscevano soltanto una religione che imponeva di fare certe cose come mezzo per raggiungere la rettitudine—la salvezza. Ma Gesù ripeteva: “Nel regno dovete essere retti per compiere il lavoro.” Molte volte ripeté: “Siate dunque perfetti, come vostro Padre nei cieli è perfetto.” Il Maestro spiegò ripetutamente ai suoi apostoli disorientati che la salvezza che egli era venuto a portare al mondo si sarebbe ottenuta soltanto credendo, per mezzo di una fede semplice e sincera. Gesù disse: “Giovanni ha predicato un battesimo di pentimento, il rincrescimento per il vecchio modo di vivere. Voi andrete a proclamare il battesimo di comunione con Dio. Predicate il pentimento a coloro che hanno bisogno di questo insegnamento, ma a coloro che cercano già sinceramente di entrare nel regno, spalancate le porte ed invitateli ad entrare nella comunità gioiosa dei figli di Dio.” Ma era un compito difficile persuadere questi pescatori galilei che nel regno l’essere retti grazie alla fede deve precedere l’agire rettamente nella vita quotidiana dei mortali della terra.

140:10.2

Un altro grande ostacolo in questo lavoro d’istruzione dei dodici era la loro tendenza a prendere dei principi altamente idealistici e spirituali di verità religiosa e di trasformarli in regole concrete di condotta personale. Gesù presentava loro il magnifico spirito dell’atteggiamento dell’anima, ma essi insistevano nel tradurre questi insegnamenti in regole di condotta personale. Molte volte, quando erano certi di ricordare bene ciò che il Maestro aveva detto, era quasi certo che dimenticavano ciò che non aveva detto. Ma essi assimilavano lentamente il suo insegnamento perché Gesù era tutto ciò che insegnava. Quello che non riuscirono ad ottenere dalla sua istruzione verbale, lo acquisirono gradualmente vivendo con lui.

140:10.3

Gli apostoli non capivano che il loro Maestro era impegnato a vivere una vita d’ispirazione spirituale per ciascuna persona di ogni epoca su ogni mondo di un vasto universo. Nonostante ciò che Gesù diceva loro di tanto in tanto, gli apostoli non coglievano l’idea che egli stesse compiendo un’opera su questo mondo ma per tutti gli altri mondi della sua vasta creazione. Gesù visse la sua vita terrena su Urantia non per proporre un esempio personale di vita mortale per gli uomini e le donne di questo mondo, ma piuttosto per creare un ideale spirituale elevato ed ispirante per tutti gli esseri mortali su tutti i mondi.

140:10.4

La stessa sera Tommaso chiese a Gesù: “Maestro, tu dici che dobbiamo divenire come dei bambini prima di poter guadagnare l’entrata nel regno del Padre, e ci hai anche avvertiti di non lasciarci ingannare da falsi profeti e di non renderci colpevoli di gettare le nostre perle ai porci. Ora, io sono francamente sconcertato. Non riesco a comprendere il tuo insegnamento.” Gesù rispose a Tommaso: “Per quanto tempo vi sopporterò! Voi insistete sempre nel prendere alla lettera tutto quello che insegno. Quando vi ho chiesto di divenire simili a bambini come prezzo per entrare nel regno, non mi riferivo alla facilità di lasciarsi ingannare, alla semplice disponibilità a credere, né alla rapidità di fidarsi di attraenti sconosciuti. Ciò che desideravo ricavaste da questo esempio era la relazione tra padre e figlio. Tu sei il figlio, ed è nel regno di tuo Padre che cerchi di entrare. Tra ogni figlio normale e suo padre c’è quell’affetto naturale che assicura una relazione comprensiva ed amorevole e che esclude per sempre ogni tendenza a mercanteggiare l’amore e la misericordia del Padre. Il vangelo che andrete a predicare riguarda una salvezza derivante dalla realizzazione per fede di questa stessa ed eterna relazione tra figlio e padre.”

140:10.5

La principale caratteristica dell’insegnamento di Gesù era che la moralità della sua filosofia derivava dalla relazione personale tra l’individuo e Dio—da questa stessa relazione tra figlio e padre. Gesù poneva l’accento sull’individuo, non sulla razza o sulla nazione. Mentre consumavano la cena, Gesù ebbe con Matteo il colloquio in cui spiegò che la moralità di un atto è determinata dal movente dell’individuo. La moralità di Gesù era sempre positiva. La regola d’oro riformulata da Gesù richiede un contatto sociale attivo; l’antica regola negativa poteva essere seguita nell’isolamento. Gesù spogliò la moralità di tutte le regole e cerimonie e la elevò ai livelli maestosi del pensiero spirituale e di una vita veramente retta.

140:10.6

Questa nuova religione di Gesù non era priva d’implicazioni pratiche, ma qualunque valore pratico, politico, sociale o economico si possa trovare nel suo insegnamento, è il completamento naturale di questa esperienza interiore dell’anima che manifesta i frutti dello spirito nel ministero spontaneo quotidiano di un’autentica esperienza religiosa personale.

140:10.7

Dopo che Gesù e Matteo ebbero finito di parlare, Simone Zelota chiese: “Ma, Maestro, tutti gli uomini sono figli di Dio?” E Gesù rispose: “Sì, Simone, tutti gli uomini sono figli di Dio, e questa è la buona novella che andrete a proclamare.” Ma gli apostoli non riuscivano a comprendere una tale dottrina; questo era per loro un nuovo, strano e sorprendente annuncio. E fu a causa del suo desiderio d’imprimere questa verità in loro che Gesù insegnò ai suoi discepoli di trattare tutti gli uomini come loro fratelli.

140:10.8

In risposta ad una domanda posta da Andrea, il Maestro spiegò che la moralità del suo insegnamento era inseparabile dal suo modo religioso di vivere. Egli insegnava la moralità non partendo dalla natura dell’uomo, ma partendo dalla relazione dell’uomo con Dio.

140:10.9

Giovanni chiese a Gesù: “Maestro, che cos’è il regno dei cieli?” E Gesù rispose: “Il regno dei cieli consiste in questi tre elementi essenziali: primo, il riconoscimento del fatto della sovranità di Dio; secondo, credere nella verità della filiazione con Dio; e terzo, la fede nell’efficacia del desiderio umano supremo di fare la volontà di Dio—di essere simile a Dio. Questa è la buona novella del vangelo: che per mezzo della fede ogni mortale può avere tutti questi elementi essenziali di salvezza.”

140:10.10

Ed ora che la settimana di attesa era trascorsa, essi si prepararono a partire il giorno seguente per Gerusalemme.


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